Reportage

Mi piace incontrare la Storia.

Quando ne ho l’occasione, per lavoro o per motivi personali, non rinuncio all’opportunità di visitare luoghi dove gli eventi hanno lasciato una traccia evidente, o le architetture sono di rilievo per il loro “vissuto”, o per qualche motivo si può esprimere un interesse relativo al passato più o meno lontano.

Nel mese di agosto del 2022 mi trovavo dalle parti di Verdun, in Francia, località famosissima per via della tremenda battaglia verificatasi durante il conflitto mondiale del 1914-1918.

A Verdun si è combattuto per dieci mesi, dal 21 febbraio 1916 al 19 dicembre dello stesso anno, in modo aspro, a tratti con incredibile intensità. La cittadina era da tempo considerata dai francesi un luogo sacro per via delle battaglie lì sostenute contro, in particolar modo, i tedeschi nei secoli passati. Atti di eroismo e, soprattutto, di grande sacrificio facevano considerare Verdun un simbolo della Nazione e delle sue unità ed integrità.

L’attacco a Verdun da parte dell’esercito germanico venne ideato dallo Stato Maggiore tedesco non per il valore strategico dell’abitato e della zona attorno a questo, bensì per l’importanza morale e propagandistica dell’aggressione in caso di vittoria, cosa intollerabile dai francesi che avrebbero risposto ammassando truppe a difesa della città e delle fortificazioni realizzate nel tempo sulle colline circostanti. L’intenzione tedesca era quella di decimare con facilità l’esercito nemico bersagliandolo pesantemente con l’artiglieria per così infliggere il maggior numero di perdite possibile. Questo avrebbe portato ad indebolire gli altri fronti dove tedeschi e francesi erano l’uno contro l’altro, rendendo così molto più probabili gli sfondamenti da parte dell’esercito del Kaiser e la vittoria finale. Ed, infatti, i francesi risposero come previsto, ma le cose non furono facili, e tutto si trasformò in un vero inferno per chi era coinvolto nei combattimenti.

Da un certo momento in poi, vennero impiegati dai tedeschi pure i lanciafiamme ed i gas asfissianti, che seminarono il terrore nelle linee francesi. Anche gli aerei, seppur ancora all’inizio del loro percorso evolutivo, ebbero modo di fare la loro parte.

Insomma, armi di tutti i tipi, violenze, privazioni, la vita di trincea con gli enormi problemi sanitari e di relazioni fra le persone che comporta, lo stress continuo dettato dalla sempre presente paura di morire facilmente, portarono a contare da 400.000 a 542.000 fra morti, feriti e dispersi per l'esercito francese e da 355.000 a 434.000 per l'esercito tedesco.

Il risultato di tutto ciò fu, paradossalmente, un sostanziale pareggio.


Ho visitato una piccola porzione del campo di battaglia che si trova ad alcuni chilometri da Verdun, dove sono ancora molto evidenti gli innumerevoli colpi d’artiglieria qui caduti, e dove alcuni semplici cippi conficcati nel terreno segnalano la presenza delle varie costruzioni di un preesistente villaggio, completamente distrutto durante i lunghi giorni degli scontri, ed anche il vicino museo che raccoglie materiale bellico e memorie di quei duri mesi.

È sconvolgente verificare cosa di tremendo sia avvenuto in quei luoghi, e quanto l’uomo possa dimostrarsi bestiale nei suoi comportamenti in certe situazioni.

Inevitabile raggiungere il vicino mausoleo e ossario, dall’architettura imponente e severa, con le grandi distese di croci dell’enorme cimitero ai suoi piedi. L’ho fatto quando il sole iniziava ormai decisamente a calare, e ciò ha contribuito a percepire quasi fisicamente la presenza nell’aria di una tristezza mista a pietà, che lascia il segno in fondo all’anima.

Ed il pensiero non può che andare anche ai fronti dove pure gli italiani hanno combattuto durante la Grande Guerra. Nel tempo, ho visto alcuni luoghi di questi, ed ogni volta è stato impressionante.

Piano, in silenzio, la sera è arrivata, ed anche il momento di consegnare i dintorni di Verdun all’oscurità della notte, ma non senza un ultimo pensiero a tutta quella gente a cui è stato chiesto di morire qui in nome di un sacrificio le cui motivazioni erano spesso sconosciute, e non certo vicine al sentire di persone che pacificamente conducevano la loro vita di contadini, operai, commercianti, ecc., e che mai avrebbero imbracciato un fucile per colpire un proprio simile.

Sempre, la guerra la decidono i potenti, ma non sono loro a farla.

Fotografie realizzate con Fuji X-T3 e X-T4 

AVVENTURAFOTO