Romantico abbandono
nel Delta del Po
Due delle numerose costruzioni abbandonate che
caratterizzano il paesaggio pianeggiante della zona del
delta del più grande fiume italiano.
Sono spesso edifici legati alla vita e all’attività contadina,
molti costruiti negli ultimi due secoli.
Pur in rovina, la visione
di questa casa, con la complicità
dello scenografico riflesso, sa
misteriosamente offrire un
messaggio positivo.
E’ quasi struggente la malinconia dal
tono pacato e dignitoso che alcuni
particolari architettonici sanno
instillare.
Questa abitazione destinata alla
manovalanza non specializzata è
stata edificata in prossimità
dell’argine che difende il paese di Cà
Tiepolo, lungo il Po di Tolle.
Gli edifici si stanno sgretolando poco a poco, e le
brecce appaiono come delle dolorose ferite che
offendono il passato e la storia di questi luoghi.
u una sorpresa, lo ammetto.
Avvenne la prima volta che andai nel delta del Po, alla ricerca di
paesaggi diversi da quelli della pianura dove ero nato, e diversi
da quelli delle mie frequentazioni degli ambienti montani e
marini.
Muovendomi per lavoro in molte parti d’Europa, avevo vissuto
numerose esperienze visive dalle diverse tipologie, e sapevo
che quello del delta padano era un paesaggio che, pur nella sua
unicità, assomigliava a qualcosa da me già visto. Avrei pure
trovato una certa familiarità con le vedute della campagna che
circonda la mia città. Ed, infatti, così è stato.
Le distese di verdi e regolari campi, con i fossi e le strade che ne
delimitano il perimetro, sono comuni in tutta la valle del Po, dal
Piemonte al mare Adriatico. Ciò suggerisce monotonia per via
dell’evidente ripetitività.
Invece, là dove il “grande fiume” si getta nel mare, le coltivazioni
dalla forma geometrica sono intervallate da alcuni acquitrini, le
“valli”, che diventano sempre più numerosi ed estesi man mano
che ci si avvicina a dove i vari rami del Po hanno termine.
E’, nel suo insieme, un paesaggio che suggerisce tranquillità,
dove la frenesia del vivere metropolitano è del tutto
sconosciuta.
Anche qui, comunque, seppur con meno intensità ed
accanimento, l’urbanizzazione ha portato alla nascita di paesi e
città ed anche, come nel resto della Pianura Padana, costruzioni
isolate, adibite alle produzioni agricole ed alla contestuale
accoglienza delle persone occupate nel settore, e cioè cascine,
casolari e strutture similari.
Proprio questi edifici hanno generato la mia sorpresa. Sono
spesso numerosi nell’estesa zona del delta e, escludendo quelli
di recente realizzazione, altrettanto spesso abbandonati.
L’abbandono è, di norma, qualcosa di negativo ma qui, a me è
parso, i casolari e le altre tipologie architettoniche colpite da
tale fenomeno riescono a mantenere una forte dignità, fusa
con un’intensa atmosfera romantica. Hanno un loro
carattere, dato dalla decisa presenza fisica che le porta a
segnare lo spazio che le circonda, come pure un’anima.
Già da lontano avverti la loro energia, e questa non è mai
negativa, seppur in presenza di un’evidente decadenza. Sono
costruzioni che hanno infinite storie da raccontare, e te ne
accorgi ancor di più quando ti avvicini.
Scorgi elementi strutturali pensati per la funzionalità del
lavoro, ed altri per rendere più accettabile la dura vita almeno
nei pochi momenti di pausa e di riposo. Ma ci sono anche
elementi d’abbellimento, o stilistici di interessante fattura.
È, però, quando si entra nelle stanze o negli altri spazi interni
che la suggestione aumenta a dismisura. Spesso cadenti, ed in
qualche caso vandalizzati, si offrono alla visione caratterizzati
da contrasti di luce accentuati ma quasi mai violenti.
Frequentemente, le pareti mantengono i colori con cui sono
state tinteggiate, seppur sbiaditi, e le porte e gli infissi
dimostrano la forzata incuria. Può capitare di rilevare resti
dell’arredo originale, spesso costituito da mobilio povero, o la
presenza di suppellettili di vario tipo, impolverate perché da
anni inutili. Tracce di storie umane grandi e piccole, di tragedie
vissute e di minuscole felicità.
Sono loro, le architetture abbandonate, che chiamano per
regalare i loro racconti, così affascinanti e coinvolgenti, ma
per ascoltarli dobbiamo offrire il nostro rispettoso silenzio a
quelle voci che dal passato, non poi così lontano, provengono.
E poi, è tutta magia.
F
Il paesaggio si offre spesso ampio, aperto alla visione lontana.
E il vento, sempre presente anche se solo in forma di brezza, accompagna
il pensiero.
Spazio
Gli argini sono quasi ovunque, a
sottolineare quanto qui l’acqua è
padrona. La loro forma, così
geometricamente definita, va a rendere
più interessante e stranamente
misterioso il paesaggio.
I vari rami del Po si susseguono, uno dopo l’altro, se ci si sposta da Nora a Sud, e viceversa. Alcuni di questi appaiono simili a grossi canali per via dell’intervento dell’uomo che ne ha regolato il letto. Altri hanno mantenuto una fisionomia
naturale, presentandosi ampi e placidi, vista la ormai ridottissima distanza dal mare, dove si getteranno.
La canna palustre è onnipresente dove c’è l’acqua. Non teme quella salmastra e, crescendo rigogliosa contribuisce a trattenere la terra che costituisce le piccole isole di cui è costellata la laguna. Offre riparo a molti animali, in particolare
uccelli, che qui nidificano o cercano rifugio dall’assalto dei predatori.
Nel passato, la canna palustre era considerata una risorsa per la povera economia del territorio. Una volta raccolta con attenzione, veniva utilizzata in molti modi diversi, dall’impiego nell’edilizia alla produzione di oggetti d’uso quotidiano.
Ora sono pochi quelli che si dedicano al taglio, e l’umile canna serve più che altro a realizzare oggetti d’artigianato locale venduti ai turisti, anche se non mancano i nostalgici che continuano a sfruttarla rinnegando gli equivalenti prodotti
ora in ‘‘volgare’’ plastica.
Le canne
I contrasti qui, quando si creano, sono intensi ed immancabilmente generano spettacolo.
Il motivo dell’abbandono di un numero così elevato di abitazioni rurali, cascine e spazi
annessi è molteplice, e va ricercato nella storia recente di questa terra, più che nella
sola geografia.
La zona del Delta del Po è un ambiente in continua trasformazione; apporti costanti di
materiale inerte (ghiaie, sabbie, ecc.) trasportato in grandi quantità dai vari rami del
fiume, e le azioni violente in occasione della frequenti piene hanno contribuito a
cambiate più volte nei secoli la fisionomia di questo territorio. Anche l’uomo, nel
tempo, ha voluto intervenire direttamente, scavando canali di scolo o deviando il letto
dei rami stessi, per evitare perdite di terreno o interramenti di ambienti che
convenientemente dovevano rimanere sommersi.
Le bonifiche che si sono succedute nei secoli hanno permesso di strappare al mare ed
alle paludi salmastre spazi utili all’agricoltura, ed una delle colture che si sono rivelate
più redditizie per le caratteristiche chimico-fisiche presentate dal terreno è stata
quella del riso. La tecnologia del passato richiedeva una notevole disponibilità di
braccia per poter dare vita alle coltivazioni, e questo indusse ad episodi di piccola
immigrazione a favore dei territori del delta. L’organizzazione del lavoro agricolo
prevedeva una serie nutrita di figure professionali, ciascuna con una propria
specificità, e la disponibilità di strutture architettoniche e di spazi destinati sia alle
varie attività legate alle colture e all’allevamento, sia ad ospitare gli addetti. A partire
in particolare dalla fine del XIX secolo si assistette ad una progressiva edificazione
come risposta a tale esigenza, arrivando a punteggiare in modo più che evidente il
paesaggio pianeggiante del territorio del delta con costruzioni in laterizio fortemente
legate alle attività agricole.
Dopo diversi decenni caratterizzati da un consistente sviluppo, l’affacciarsi di nuove
tecnologie e nuovi macchinari ridusse progressivamente la richiesta di braccia, e ciò
portò all’inizio di una profonda crisi dell’occupazione del settore in quella zona del
Paese.
La subentrata impossibilità di dare lavoro a tutti generò una crescente emigrazione,
con il conseguente abbandono delle abitazioni occupate in particolare dai braccianti e
dalle persone con ridotta specializzazione.
Negli anni “cinquanta” del XX secolo, un nuovo problema afflisse il territorio: la
subsidenza. Si tratta dell’abbassamento del terreno determinato dall’estrazione del gas
metano, avvenuta per decenni. Ciò ha prodotto in pochi anni la riconquista da parte del
mare e delle acque provenienti dai rami del Po di ampie aree destinate all’agricoltura.
Tale perdita ha ridotto la disponibilità di superfici coltivabili, con una ripercussione
negativa anche sul livello occupazionale.
Anche le eccezionali piene che si sono succedute, in particolare negli anni “cinquanta” e
“sessanta”, hanno indotto le persone a cercare altrove la realizzazione della propria vita.
Il risultato non è stata la rinuncia dell’attività agraria in questa piccola parte d’Italia, che
è continuata invece sempre più meccanizzata ed in rapido sviluppo, bensì l’abbandono
di molte costruzioni tradizionali perché presenti in numero superiore al necessario a
fronte di una sempre più ridotta necessità di addetti, e per il fatto che, per le
caratteristiche costruttive adottate spesso orientate anche al risparmio, erano edifici
non particolarmente salubri, visto che quasi mai si prevedeva un isolamento delle
pareti portanti e della pavimentazione dal terreno.
Ciò che oggi si può osservare è un paesaggio costituito dall’insieme di campi
modernamente coltivati che fanno da contorno a strutture in parziale rovina dal
suggestivo fascino decadente, che offrono un fortissimo richiamo alla Storia di questo
lembo di terra di confine, ed alla dura vita che qui si svolse.
Abitazione destinata a braccianti e a
famiglie che offrivano manovalanza di
basso livello di specializzazione,
compensata con salari di valore ridotto.
Gli edifici
Struttura fra le più recenti, nata come costruzione di
servizio e commerciale, successivamente adattata in
parte ad abitazione.
Abitazione destinata a braccianti e a famiglie che offrivano
manovalanza di bassa specializzazione, compensata con salari di
valore ridotto.
I crolli sono frequenti, anche se
l’osservazione da lontano tende ad
ingannare la valutazione dello stato di
conservazione di molti edifici.
Avvicinarsi, però, vuol dire prendere atto
di quanto stia succedendo.
Distruzione
Le ferite sono dappertutto. Profonde, non facilmente sanabili, capaci di generare una struggente emozione. Tristezza, compassione, evocazione di un passato che non ci appartiene più.
Ma, forse, sono gli ambienti interni che
emozionano di più.
L’impressione è di entrare nell’intimo di
vite che qui non ci sono più; violare uno
spazio non nostro, morto e desideroso di
pace.
Interni
Spesso ci si imbatte in segni di inequivocabile violenza,
perpetrata certamente dal tempo, ma anche da vandali
che per divertimento entrano nelle costruzioni
abbandonate e devastano ciò che trovano per il gusto
di farlo.
Uno degli aspetti più impressionanti della presenza degli edifici abbandonati nella zona del delta del Po è dato dalle costruzioni parzialmente sommerse. Il mare, l’acqua, si sono ripresi i territori che l’uomo ha con fatica strappato per
suo uso. Ma si è osato troppo, e lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo, ed altre azioni, hanno permesso alla natura di riprendersi ciò che aveva dovuto cedere.
Nel tempo si sono stratificati segni, segnali, tracce
lasciate da chi in questi edifici ha vissuto,
lavorando o abitando.
Ci parlano di tante cose, anche se non sempre
facilmente leggibili o interpretabili.
Messaggi dal contenuto importante, sentito, o
semplice testimonianza di una destinazione d’uso
di un ambiente, o di un passaggio di qualcuno,
oppure un gioco fra bambini.
Struggente, romantica, decadente bellezza
E’ strano.
Di fronte ad edifici che si sgretolano e che rivelano la caducità di ogni cosa,
dovremmo reagire con orrore e rifiuto. Eppure, da queste strutture sembra
emergere qualcosa che affascina, che seduce, che cattura.
Deve essere lo ‘‘Spirito del luogo’’, uno spirito buono che desidera che le
persone nutrano per questi ruderi una compassione che assomiglia un po’ ad
amore.
Il Delta,
una terra di acqua,
una terra di Storia,
una terra di ricordi.